In un articolo su Roma commentavamo quella bella scena di Spartacus di Kubrick in cui il capo dei gladiatori, dopo aver ascoltato una commovente canzone dagli echi gnostici sul ritorno a casa (¨Quando il sole risplendente si ritirava dal cielo/ Quando il vento esalava il suo ultimo sospiro sulla montagna/ Quando non si sentivano più le bestie al pascolo/ Quando la spuma del mare dormiva come una fanciulla/ E il crepuscolo rosa accarezzava il mondo/ Tornavo a casa), viene vinto dal desiderio e dalla tristezza di saper solo combattere, di non essere capace di cantare belle canzoni e fare che la gente creda in esse, di non saper né leggere né scrivere, di non conscere niente, di sentirsi ignorante. Di non sapere, ad esempio, perché le stelle nel cielo e gli uccelli non cadono, perché il sole abbandona la scena al calar della notte, perché la luna cambia forma, da dove arriva il vento.
Il suo grande amore Varinia, dopo avergli rivolto uno sguardo indimenticabile, risponde a quest’ultima domanda parlandogli di una lontana grotta nel nord dove dorme un giovane dio il cui alito anima e agita i venti notturni ogni volta che sospira sognando una fanciulla.
Forse non c’è mai stato niente da sapere, forse qualsiasi esperienza è semplicemente incomunicabile, forse ogni sapere è basato esclusivamente sull’affabulazione. Ma la nostra necessità di sapere è così grande che non possiamo vincere il desiderio di legittimare le storie che inventiamo per tranquillizzarci l’animo. La verità, in effetti, viene sopravvalutata, ma niente sembra curarci come quella sorta di dipendenza da questo strano succedaneo, non importa quanto ampiamente siano documentati i suoi pericolosi effetti secondari, o quando convincentemente venga messo in questione il prodotto, o a che poco prezzo possa essere venduto nei mercati mediatici. Nietzsche, più elegante, proponeva di sostituire la verità con ciò che favorisce e dà impulso alla vita come la vogliamo. Ma sembra che la maggior parte di noi continui a preferire restringere tristemente il proprio campo mentale e disprezzare certi racconti con il pretesto che siano falsi, senza nemmeno domandarsi sull’esistenza di altri criteri magari più illuminanti o validi, o da quale punto di vista escano fuori queste storie false.
Fino a quando non cambieremo la nostra forma di giudicare il mondo, i nostri nuovi miti troveranno un destino simile (penso al commento di quel personaggio di Tarkovski su come tutte le civiltà abbiano pensato sempre che la propria rappresentazione cartografica del mondo fosse esatta). E così, ad esempio, un recente studio della rivista Nature ha evidenziato, in opposizione alla precedente verità scientifica, che il Mediterraneo si riempì d’acqua in un periodo inferiore ai due anni.
Questo accadde circa cinque milioni di anni fa. Se affitti appartamenti a Istanbul prodigiosa città crocevia di mari, storie, culture e persone, ti troverai in un luogo incomparabile per apprezzare il racconto come si merita.