Mónica Boixeda
Negli ultimi tempi la Scozia ha coltivato alcune tra le band più interessanti del panorama musicale attuale. Uno di queste è senza dubbio Belle & Sebastian che, dopo aver suonato per anni, è riuscita a raggiungere il successo e ad appassionare migliaia di fan in tutto il mondo. Il gruppo, uno dei più importanti dell’indie pop, si è formato a Glasgow nel 1996 ed è composto de Stuart Murdoch, voce, chitarra e tastiera, Stevie Jackson, voce e chitarra, Chris Geddes, tastiera, Sarah Martin, violino e corista, Mick Cooke , trombetta e basso, Bobby Kildea, chitarra e basso e Richard Colburn alla batteria. (recentemente Isobel Campbell e Stuart David hanno lasciato il gruppo). Il nome Belle & Sebastian deriva dal titolo di un libro per bambini scritto (c’era anche una versione cartone animato) da Cécile Aubrym che racconta la storia di un ragazzo che si chiama Sébastien e del suo cane Belle. I fan del gruppo, cha ha al suo attivo 9 produzioni in studio, seguono i loro idoli con un fanatismo religioso e molti critici comparano questo comportamento a quello che si produsse, quando gli Smiths, il gruppo di Morrisey, era all’apice del successo. Molti attribuiscono questo fenomeno al fatto che, fino al 2003, la band non aveva fatto uscire singoli. Per questo motivo chi li conosceva ed apprezzava era perché aveva ascoltato un loro disco intero e non solo una o due canzoni per la radio. Per maggiori informazioni: http://www.myspace.com/events/View/9287843/belle-and-sebastian/Belle–Sebasitan Gasometer: Guglgasse 8, 1110, Vienna, Austria MiLK La band suonerà il 16 aprile in Austria al Gasometer. Se vuoi assistere al concerto di una delle band indie...
The Only Team
La Guida Michelin, la guida più prestigiosa dei migliori ristoranti del mondo ha già presentato la sua edizione Spagna 2012.
Mónica Boixeda
Il 23 Marzo l’Istanbul Modern inaugura “Paradise Lost”, il paradiso perduto, una fantastica esposizione che indaga sulla nozione d’innocenza e purezza della natura nell’ambito dell’arte contemporaneo. Attraverso il lavoro di 19 artisti si metterà in evidenza il constante conflitto tra natura e cultura teconologica nel mondo attuale. Parte centrale della mostra sarà la nostalgia del paradiso perduto, la sostenibilità e il conflittuale incontro tra cultura, industria e tecnologia. Una parte della ricerca si centra sul concetto di natura che si è instaurato nella nostra cultura a partire dal Romanticismo, mettendo particolare enfasi sul punto di vista artistico e su come gli artefici attuali evolvano tale concetto tenendo in conto l’epoca postmoderna in cui ci troviamo. Alcune delle domande più importanti riguardano questo, se al giorno d’oggi esiste una natura innocente, o se si tratta di un’idea puramente romantica. Evidentemente, ci si interroga anche sul futuro ecologico della terra, e se siamo arrivati a un punto di non ritorno rispetto alla distruzione dell’ecosistema. Forse quella natura innocente non esiste più, e vivremo in un’era in cui la dicotomia tra il naturale e il teconologico non sarà così evidente come in passato. Un interessantissimo progetto che conta con la collaborazione di alcni degli artisti più emblematici del momento. Tra essi, il belga Francis Alys, una eminenzia nel mondo dell’arte, come anche Pipilotti Rist, una delle videoartiste più importanti, Kiki Smith, Bill Viola, Pae White, Ulrike Ottinger, Armin Linke, Guy Maddin. Per maggiori informazioni su questo fantastico progetto: http://www.istanbulmodern.org/en/f_index.html ? Heloise Battista Questa mostra rimarrà aperta fino al 24 Luglio. La cosa migliore è affittare appartamenti a Istanbul e avvicinarsi all´inaugurazione,...
Mónica Boixeda
La mostra di Jasper Johns, uno degli artisti contemporanei più importanti della seconda metà del secolo XX, espone all’IVAM durante tutto il mese di febbraio e fino al 24 aprile. La mostra retrospettiva dal titolo “Las Huellas de la Memoria” (Le Orme della Memoria) presenta 40 opere tra dipinti, sculture e disegni basati su segni, lettere e numeri. Johns, insieme a Robert Rauschenberg, fu precursore della Pop Art nordamericana. Jasper John nacque in Georgia, Stati Uniti, nel 1930. Studiò un anno presso l’Università del Carolina del Sud per poi spostarsi al Parson School of Design a New York, dove conobbe Robert Rauschenberg, Merce Cunningham e John Cage, con i quali avvia un dialogo estetico che lo porterà alla maturazione del suo stile. La prolifica ed eclettica opera di Johns attraversa diverse correnti artistiche del secolo XX. Classificato come rappresentante della Port Art per la sua contemporaneità a questo movimento e per i suoi primi lavori con la bandiera statunitense, l’utilizzo di materiali poco ortodossi nelle sue opere plastiche lo colloca ai limiti del dadaismo. Vi è inoltre una chiara influenza dell’espressionismo astratto nordamericano degli anni ’40 e ’50 e del cubismo, nonché dell’espressionismo tedesco degli inizi del XX secolo. Da qui l’importanza dell’opera di Jasper Johns. Nel 1952 viene mandato in guerra in Corea, esperienza che segna una tappa del suo sviluppo artistico incentrato su bandiere americane dipinte con precisione, opere nelle quali le bandiere si sovrappongono le une sulle altre, formando diversi strati, ai quali vengono accomunati numeri e lettere, dal titolo “Flag”. Questa fase della sua produzione, ricca di bandiere, bersagli, numeri e lettere dell’alfabeto, termina negli...
Mónica Boixeda
L’Istambul Modern presenta l’opera del fotografo cinese Yao Lu, I Nuovi Paesaggi. L’interessante proposta estetica di Lu è incentrata sui diritti umani, con i quali crea paesaggi che ricordano la pittura classica cinese. La mostra sarà aperta fino al 22 maggio 2011. Yao Lu nacque a Pechino, Cina, nel 1967. Dopo aver studiato incisione all’Accademia Centrale di Belle Arti Cinese, scelse di proseguire le sue ricerche estetiche nel campo della fotografia, diventando professore presso la facoltà di disegno del Queensland College of Art dell’università di Griffith. Si dedicò alla ricerca di tecniche miste tra fotografia, pittura e disegno. Anche se il lavoro di Lu rientra nell’arte concettuale, risulta interessante osservare come i paesaggi dei suoi quadri si avvicinino più ai paesggi dell’espressionismo o della pittura cinese tradizionale. Le sue opere attraggono per l’armonia e la bellezza che traspare dai paesaggi bucolici che ricordano la Cina medievale. Ma a guardare più a fondo ognuna delle sue opere si ritrova la violenza, la protesta e il clamore contro la distruzione della natura e dell’ambiente. Lu racconta la Cina riprendendo con la sua macchina fotografica i segni della distruzione di una società emergente, che rovina la propria vita in un edonismo senza fine. Il suo lavoro è complesso, esteso e si sviluppa in tre tappe: per prima cosa le montagne di immondizia vengono coperte con un manto verde, poi vengono fotografate da diversi angoli e profondità di campo e alla fine le foto vengono assemblate in digitale creando effetti e aggregando elementi classici dei paesaggi classici cinesi, per terminare con un’opera simile alle pitture in acquarello. Da buon fotografo Lu osserva la...
Mónica Boixeda
L’8 di aprile verrà proiettato il documentario Plan Rosebud 2 presso il Centro de Arte Dos de Mayo di Madrid. Il documentario di María Ruido si inscrive nel ciclo di Pensamiento y Debate promosso dal centro stesso. L’artista visiva María Ruido nasce a Orense, Spagna, nel 1967. Il suo ingresso nel mondo dell’arte è legato ai suoi studi di storia, dai quali iniziò a osservare che partendo dal cinema è possibile costruire e decostruire immagini in grado di fissare punti di vista collettivi e incidere così nella storia. Barcellonese per adozione, il suo lavoro da ricercatrice, produttrice culturale e professoressa del Dipartimento di Immagine dell’Università di Barcellona la spinse a sviluppare diversi saggi documentaristici nei quali esplora le rappresentazioni contestuali nell’elaborazione sociale della memoria e la relazione che intercorre nella costruzione narrativa della storia. Il 2006, anno della memoria, Ruido e insieme a lei un gruppo di lavoro inizia a lavorare al documentario “El Plan Rosebud 2”, con l’appoggio del Centro Gallego de Arte Contemporáneo di Santiago de Compostela. Quest’anno in Spagna si è reso omaggio alle vittime del franchismo – rivissuto in occasione della discussione sulla Legge della Memoria Storica, approvata dal Congresso nel 2007 – e sembra che alla fine si potrà dare libero sfogo alla memoria, congelata per più di 30 anni. Tuttavia Ruido non ha voluto fare un documentario sulle vittime del fascismo, né ha voluto rivivere emotivamente la sconfitta repubblicana. Ha voluto invece addentrarsi in questa politica della memorie e nelle discussioni che si vanno imponendo, l’educazione, la commemorazione, luoghi della memoria e simboli, il tutto con l’intenzione di articolare uno sguardo collettivo e...
Mónica Boixeda
Fino al 15 aprile presso il Caixaforum di Barcellona si può visitare un’interessante mostra sull’architettura e l’arte d’avanguardia nell’Unione Sovietica tra gli anni 1915 e 1935. La mostra gira intorno a 250 fotografie, disegni e plastici appartenenti al Museo Statale d’Architettura Schusev di Mosca e al Museo d’Arte Contemporanea di Salonicco. Quest’interessante mostra ci porta in un viaggio alla scoperta di maggiore sviluppo architettonico e urbanistico dell’ex Unione Sovietica, la cui grandiosità esprime una delle epoche più prolifiche della storia dell’arte. Sebbene marcata dall’inizio del periodo stalinista e l’inizio delle purghe contro gli oppositori, è anche il periodo di grande crescita economica e contraddittoriamente, con il sogno della rivoluzione proletaria che aspirava a rompere le catene dell’oppressione e la povertà nel mondo. Durante questo periodo di grande crescita, le città sovietiche furono ridisegnate in funzione del progetto politico che voleva trasformare una società agraria in una società industriale. Si costruiscono i grandi edifici del potere centrale, i grandi viali e si costruisce la metropolitana di Mosca. L’architettura, fortemente influenzata dal costruttivismo e dal razionalismo, le cui rigide linee emulavano la forza e la rettitudine del Realismo Socialista e la monumentalità utilizzato per costruire il culto della classe operaia, furono i tratti distintivi di quest’epoca. Il Costruttivismo nasce in Unione Sovietica con la Rivoluzione d’Ottobre. Le avanguardie vedranno in questa nuova società l’utopia realizzabile, dove è possibile unire l’arte e la politica in funzione di una società ideale. È così che Kasimir Malevich, burlandosi un po’ delle opere dell’architetto Alexander Rodchenko, crea il costruttivismo e una concezione dell’arte al servizio della rivoluzione. Il suo senso estetico in architettura contempla la...
Mónica Boixeda
Questo è uno di quei concerti che bisogna vedere assolutamente, almeno una volta nella vita, coloro ce hanno gia vissuto questa grande esperienza mi daranno ragione. È che Diamanda Galás, oltre ad essere la Diva maledetta indiscussa Della musica, è un’artista come poche, le tre ottave e mezzo che raggiunge la sua voce e il suo potere d’interpretazione sono solo due delle buone ragioni per non perdersi questo spettacolo. La carriera di Diamanda, artista americana di genitori greci, comincia in modo professionale all’inizio degli anno ’80. La sua voce straordinaria, che lei stessa definisce ‘capace di provocare i suoni più terrorizzanti, la porta a cammini musicali molto aperti, dal jazz al rock, passando per l’Opera, la musica d’avanguardia, il blues ecc. Tutti questi stili sono marcati dalla sua voce singolare, in cui sospiri, gemiti e urli caratteristici entrano a far parte Della sua identità come cantante. Durante la sua estesa carriera non ha mai smesso di sorpendere, sia per la sua particolare forma di sentire la musica, sia per le sue tematiche, per molti ‘più che dark’, ma anche impegnate in innumerevoli cause umanitarie. Nel caso del concerto che darà a Leiria il prossimo 16 Arpile, in cui si presenterà il suo lavoro intitolato “The Refugee”, ispirado al genocidio turco del popolo greco avvenuto nel 1922, specialemnte al dramma vissuto dagli esiliati del villaggio di Smyrna, rappresentado in un canto intitolato “O Prosfigas”, reinterpretato dalla Diva in questo lavoro. Il concerto di Leiria, bellissimo paese sede in Luglio della seconda edizone del festival gotico “Entremuralhas”, per cui il concerto di Diamanda Galás è una especie di “apertura di stagione”, ...
Mónica Boixeda
The Go! Team non smettono di sorpendere. Con un suono che va dal post punk, allo ska alla chitarra noise, la combinazione che mettono in scena è così high energy che ti dimentichi di essere fermo e senza renderti conto inizi a galleggiare. Il sestetto nato a Brighton, UK, è una delle band preferite di tutti i giovani ‘intensi’ che non si perdono i festival, sai a chi mi riferisco. Rolling Blackouts è il loro ultimo disco. In que genere etichettare questo nuevo lavoro, che spazia dal shoegaze ai suoni da tromba epica al miglior stile da film blackexplotation degli anni ‘70. La canzone “Rolling Blackouts” è un’ode a My Bloody Valentine senza limiti, una perla. “Back light 8 track” è un inno a un film di pugilato degli anni ’70, con urletti e voci in stile superpop. Non manacano naturalmente i dovuti campionamenti. “Secretary song” è un altro mash-up di pop 60’s con cori da dreampop. “T.O.R.N.A.D.O” è la più rap. Forse la principale caratteristica di gruppi come i Go! Team è questo impegno postmoderno a condensare nel modo più evidente tutti gli spazi sonori da cui provengono. In altre parole, è una mostra della nostra epoca, mettere in evidenza l’origine di ogni canzone e stile, è come avere un campionario disposto a tutti gli ascolti, nel modo più kitsch, senza altro obiettivo che l’íntrattenimento. Mi fermo e paragono tale fenomeno con tutte le interpretazioni di canzoni dal blues, al rockabilly al beat che vari gruppi in tutti i continente realizzavano tra gli anni ’50 e ’60. Ad esempio, The train kept a rolling di Johnny Burnette, che...
Mónica Boixeda
Fino al 25 Apile rimarrà aperta la mostra L’Avventura del Vetro: un millennio d’arte veneziana, nel Museo Correr di Venezia. L’esposizione è un’iniziativa della Fondazione Museo di Venezia, che si inserisce nel 150esimo anniversario della fondazione del museo, ed è commissariata da Aldo Bova e Squarcina Chiara. L’esposizione è stata montata con il proposito di recuperare la storia dell’arte del vetro di Murano e di Venezia come centro creativo e promotore delle arti. È organizzata cronologicamente in quattro sezioni: vetro archeologico, secolo XV e XVIII, secolo XIX e secolo XX. In esibizione si trovano più di trecento oggetti della collezione del Museo del Cristallo di Murano, alcuni recuperati nella sabbia dei canali di Venezia dopo essere caduti dalle navi che li trasportavano in terre lontane. Il nome del cristallo di Murano nasce intorno al secolo XI, quando gli artigiani del vetro di Venezia traslocarono nella piccola isola di Murano a causa di un enorme incendio avvenuto in città. Si racconta che il trasloco all’isola fu dovuto al fatto che fino ad allora Venezia era stata il centro europeo della produzione del vetro, e per mantenere segreta la tecninca sviluppata dagli artigiani e il commercio che ne derivava, si decise di allontanare gli artigiani dagli sguardi ed evitare che potessero dovulgare i segreti così ben conservati della propria arte. Fu così che Venezia riuscì a dominare il mercato europeo della produzione di oggetti di vetro fino al 1700. La particolarità el vetro veneziano sta nella sua costituzione sodica, dura e raffinata che lo rende incolore e trasparentissimo. I primi oggetti creati erano forme semplici e decorate con smalti d’oro e...