L’obesità è la principale patologia legata alla nutrizione ed una delle malattie croniche legate ad uno stile di vita inadeguato, alla mancanza di esercizio fisico e del consumo del cosiddetto “cibo spazzatura”. È da anni che l’industria dietetica ci bombarda gorno dopo giorno con nuove diete che assicurano una perdita di peso rapida. Per mettere alla prova la sua teoria sulla perdita di peso il nutrizionista americano Dr. Marj Haub ha inventato la dieta “twinkie”, dal nome di un dolce alla crema. Si tratta una delle diete più terribili, dato che il Dr. Atkins basava il suo dogma alimentare sul consumo esclusivo di carni e grassi. Con la dieta in questione, Haub voleva porre fine al dibattito dietetico sulla formula più efficace per perdere peso: abbassare il livello di calorie giornaliere, ovvero mangiare in modo sano. Con la sua dieta “twinkie” il nutrizionista voleva corroborare che quello che veramente conta è il numero di calorie e che per questo motivo non c’era bisogno di privarsi di certe schifezza che tanto ci piace mangiare Per 10 settimane si alimentò dei prodotti più controversi dell’industria alimentare, tra le quali “il twinkie” e patate fritte, ma controllando le porzioni e mangiando il sufficiente per essere soddisfatto, non pieno, per un totale di 1.800 calorie giornaliere. Perse circa 14 chili e il suo livello di colesterolo si abbassò, ma il nutrizionista sconsiglia di basare la propria dieta sul cibo spazzatura, perché i fin dei conti un peso “salutare” non necessariamente significa avere un corpo sano. Heloise Battista Dopo tante informazioni confuse la cosa migliore è conoscere quelle culture nelle quali la tradizione...
La Fondazione Francisco Godia di Barcellona ospita la mostra Da Luca Giordano a Goya: la pittura del secolo XVIII in Spagna. Si tratta di una mostra che si propone di far conoscere meglio al pubblico la bellezza della pittura del XVIII secolo, che troppo spesso è eclissata dall’arte del Siglo de Oro (XVII secolo). Vi sono esposte 23 opere dell’epoca dell’arte barocca, del rococò, del neoclassicismo del pre romanticismo, ma anche dipinti che influenzarono gli artisti dell’epoca e che definirono uno stile ben preciso Como indicato nel titolo, uno degli epicentri della mostra è Francisco de Goya. Di questo grande artista, uno dei più importanti dell’are spagnola e non solo, saranno esposte cinque diverse opere. Tra queste ci saranno due tele delle quali si è parlato moltissimo, ma che sono state poco viste: Sacrificio a Veste (1771) e Sacrificio a Pan (1771), nelle quali si può notare l’interesse di Goya per la mitologia. In mostra anche “La obra, con la conducción de un sillar” (1786), appartenente alla collezione del Grupo Planeta. I dipinti realizzati durante il secolo XVIII non erano oggetto di grande attenzione fino ad adesso e raramente rientravano nelle scelte espositive dei curatori di musei e mostre, pertanto la Fondazione Francisco Godia ha voluto rivalutarli con la mostra “Da Luca Giordano a Goya: Pittura del secolo XVIII in Spagna.” Per ulteriori informazioni: http://www.fundacionfgodia.org/ Fondazione Francisco Godia: Calle Diputació, 250, 08007 Barcellona, España MiLK Se vuoi scoprire le opere di alcuni degli artisti spagnoli più importanti, puoi affittare appartamenti a Barcellona ed assistere alla mostra, aperta fino al 13 febbraio 2011. Tradotto...
Barcellona è l’unica città reale citata ne “El ingenioso hidalgo Don Quijote de la Mancha”, il che si deve alla visita che Miguel de Cervantes realizzò nella capitale catalana e che evidentemente lo impressionò tanto che decise di includerla nel suo libro. Traendo spunto da quest’opera maestra della letteratura spagnola, sono stati organizzati diversi tour per la città, che portano i partecipanti nei luoghi per i quali passarono Don Chisciotte e Sancho Pansa. Durante il percorso si leggono anche alcuni passaggi del libro che parlano della città: “Luogo di cortesia, ostello per i forestieri, l’ospedale dei poveri, casa di coraggiosi, vendetta per gli offesi, punto di riferimento per grate amicizie, di una bellezza unica, e anche se vi ho vissuto esperienze spiacevoli, sono felice di averla conosciuta. “ Non fu solo la città ad affascinare Cervantes. Lo scrittore fu colpito anche dalla bellezza del mare: “Videro il mare, mai visto prima, che sembrò amplissimo e molto più grande della laguna di Ruidera che avevano visto nella Mancha.” L’itinerario ci conduce a Pla de Palau, vicino a dove c’era la porta della muraglia dove Cervantes collocò Don Chiscotte nel momento nel quale vede il mare per la prima volta. Ci addentreremo poi nel Barrio Gotico, dove vedremo i palazzi nei quali s’ispirò Cervantes per far alloggiare Don Chisciotte e passeremo poi per la calle del Call per vedere la tipografia di Sebastián de Comelles, considerata come la tipografia che l’hidalgo visita nel romanzo. Sempre nel Barrio Gotico passeremo anche per la calle Perot lo Ladre (nel libro il suo nome è Roque Guinart) , il mitico bandito catalano che guida ...
I fortunati che hanno avuto la fortuna di leggere Istanbul. Città e ricordi, dello scrittore turco e premio Nobel della letteratura Orhan Pamuk, possono confermare la sua straordinaria abilità nel ricreare una città fisica attraverso il ricordo e nel far riflettere il lettore sulla complessa relazione tra letteratura e il cosiddetto mondo reale e i diversi modi nei quali la prima dà forma al secondo. Se in Istanbul menzionava questa caratteristica differenziale della città che consisteva nel non conservare i suoi monumenti per esibirli pubblicamente, preferendo integrarli nell’ambiente come parte di un habitat naturale nel mezzo del quale si svolge la vita, il romanzo Il museo dell’innocenza riflette sulle similitudini tra romanzo e museo come “contenitori” della storia della nostra vita. SecondoPamuk, è per ricordare il passato che si collezionano oggetti. In più di un aspetto, e pur trattandosi di un romanzo d’amore estremo che gioca con le stesse convenzioni del melodramma, della musica e di film romantici che caratterizzano il cinema turco nella decade degli anni Sessanta, Settanta ed Ottanta, è un romanzo più personale ed intimo. Il personaggio del libro fa parte di una delle famiglie più ricche della borghesia di Istanbul ed è innamorato di una cugina più giovane di lui ed appartenente ad una classe sociale inferiore che trasforma la sua vita in un deambulare di anni ed anni per strade, caffè, ristoranti, bar, cinema, negozi e case della città in cerca di luoghi ed oggetti che lei ha toccato o che le sono appartenuti, creando così un museo personale che è a sua volta una mappa dei riti e dei costumi della società di...
Leopold (con numerose opere dell’artista Schiele), il padiglione Kunsthalle ed il MIMOK (Museo d’Arte Moderna). Questa zona è conosciuta come “Museumquartier Wien” (Il quartiere dei Musei di Vienna) ed è uno dei dieci recinti culturali più grandi di tutto il mondo. Si trova alla fine della città vecchia, in quello che anticamente erano le scuderie imperiali e riunisce, in una superficie di 60.000 m2 opere di epoche e stili artistici diversi, ma anche ristoranti, caffè e negozi in edifici barocchi mescolati a architettura moderna e contemporanea. Il MUMOK, in particolare ha la propria sede in un nuovo edificio di basalto grigio scuro ed ospita una mostra permanente dal titolo “Fokus 01. Ribellione e rinascita degli anni Sessanta”, dove si possono all’incirca 300 opere dell’arte pop , del fluxus, nouveau réalisme e azionismo viennese, che appartengono alla collezione del museo. Tra i rappresentanti del pop troviamo l’indimenticabile Andy Warhol, imiseme a Claes Oldenburg, Robert Rauschenberg e Jasper Johns; vi si trovano anche le creazioni di Daniel Spoerri, Nam June Paik, Yoko Ono, George Brecht e Marcel Duchamp. L’azionismo Vinuesa, ovvero la corrente austriaca che maggiormente contribuí allo svilupppo internazionale dell’avanguardia, è documentato nelle opere di Günther Brus, Günter Brus, Otto Muehl, Hermann Nitsch e Rudolf Schwarzkogler. Oltre a questa incredibile mostra, la collezione del MUMOK, comprende anche all’incirca 9.000 opere di pittura, scultura, disegno, grafica, fotografia, video, film e anche plastici di architettura della prima metà del secolo XX, cosi come anche un centro di documentazione dell’arte con materiale relativo agli anni 60. La collezione del MUMOK riflette la breve, (ma piena di successi) storia del museo, che aprì le...
Il celebre scrittore anglofilo e critico d’arte e letteratura Mario Praz non solo soffrì le velenose parole di Cyril Connolly, che descrisse La casa della vita, come un’autobiografia di Praz attraverso gli oggetti del suo alloggio e come uno dei libri più noiosi che avesse mai letto Oltre a ciò aveva la fama di fare clamorose gaffe. Si rendeva, per esempio responsabile di avvenimenti così inverosimili come la collisione tra due imbarcazioni o il rovesciamento di lampade. Incidenti di questo tipo sembra non fossero poco frequenti là dove faceva atto di presenza l’autore di La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, una dettagliatissima analisi dei principali temi del romanticismo letterario, in particolar modo quello britannico, dalla sua apparizione fino agli inizi del secolo XX. É ovvio che i suoi devoti ammiratori, Prat è un autore di culto, preferiscono vedere nel singolare scrittore romano, presumibilmente dotato di poteri speciali, un tragico portatore di infortuni. Per loro la casa di Mario Praz a Roma è semplicemente uno de più bei musei al mondo dedicato ad uno scrittore e La casa della vita, nella quale Praz racconta la storia della sua meravigliosa collezione stanza dopo stanza oggetto per oggetto come se si trattasse di un romanzo. La lettura non è affatto tediosa come affermava Connolly, ma è uno dei libri più affascinanti che siano mai stati scritti. Lo stesso Praz dichiarò in più di un’occasione, sembra ispirato da una nota trovata sotto un ritratto di James Joyce, che quello che si era proposto attraverso le sue collezioni, era scrivere il mistero di se stesso nei mobili. Trattandosi di uno...
Chitarre ipnotiche e atmosfere avvolgenti, testi oscuri cantati da una voce penetrante,, sono le caratteristiche del suono di una della band più influenti della corrente del post punk, “”The Chamaleons vox”. Formata nel 1981ª Middleton, in Inghilterra da Mark Burgess, voce e basso, Dave Fielding e Reg Smithies (chitarre), ai quali si unì il batterista John Lever, la band registrò il suo primi album l’anno successivo, “Script of the Bridge”. Nonostante la band non ottenne il successo di altre band dell’epoca come i “The Cure” o “The Smiths”, le loro sonorità riuscirono ad attrarre un grande numero di fan e una buona reputazione presso in critici musicali. Nel 1985 uscì il loro secondo album“What does anything mean?, basically” e nel 1986 l’album “Strange times”, che ebbe una grande influenza su molte band dell’epoca come i Clan of Xymox o The horrors. Nel 1987 con del nuovo materiale pronto per essere registrato, morì, all’improvviso il leder della band alla quale seguì la dissoluzione del gruppo. Ciononostante il gruppo continuò a essere molto popolare e nel 1999 i Chamaleons si ripresentarono sulla scena con diversi concerti. L’anno seguente lanciarono, “Strip” e nel 2001 “Why call it anything?”, i dischi della loro seconda tappa. Adesso si presentano in concerto a Madrid. É indubbiamente un evento da non perdere , non solo per i “postpunkys” della vecchia scuola, ma anche per i fan del postpunk revival, dato che i The Chameleons vox hanno influenzato band di successo come gli Interpol o i famosi Editors. Il concerto si terrà il prossimo 14 gennaio presso la sala “La Boite”, alle 21:45. Il prezzo del biglietto...
Curata da Jordi Gixe e Francesc Abad, il Memorial Democratic di Barcellona presenta la mostra I Simboli di Franco, aperta fino al 13 febbraio. Il proposito degli organizzatori dell’esposizione è stato quello analizzare e catalogare in modo esaustivo le vestigia del franchismo ancora esistenti sul territorio catalano. La mostra, realizzata dalla Direzione della Memoria Democratica e il Memorial catalán, vuole mettere un’altra volta in evidenza le conseguenze nella società di 40 anni di dittatura franchista e le diverse attraverso le quali perpetrava perpetrare il suo potere e la sua ideologia. Il Memorial Democratic fu creato con il proposito di potenziare i valori della democrazia e sostenere le proposte e le iniziative tese alla diffusione della memoria storica. Il Memorial fomenta la ricerca e la socializzazione di questi valori, organizzando mostre, rassegne cinematografiche e seminari. La mostra in questione presenta i risultati di una ricerca sulla simbologia ereditata dal franchismo. Migliaia di simboli ed immagini sparse per il territorio spagnolo, risalenti ancora a quel periodo ci fanno capire le dimensioni dell’apparato propagandistico della dittatura franchista. Sono passati più di tre decenni dalla fine della dittatura, ma questi simboli continuano ad esistere in spazi pubblici che frequentiamo quotidianamente. La simbologia franchista s’ispirò alla simbologia fascista dell’Europa dell’epoca: aquile, frecce, sfilate militari di tipo marziale ecc. Onnipresenti ovviamente anche simboli religiosi e l’immagine di Franco, del Caudillo. Tutta la simbologia del franchismo ebbe la sua origine durante la Guerra Civile, durante la quale si esaltava la figura di Generalissimo, come lo stesso Franco si faceva chiamare. Molti simboli furono ereditati anche dalla Falange Spagnola (Falange Española de las JONS) A quest’ultima si...
Forse l’unica cosa che manca all’Ulisse di Joyce per riunire tutti gli elementi essenziali dell’epica moderna sono i mezzi di trasporto pubblico. Dopo il massacro della Prima Guerra mondiale, lo scrittore irlandese si propose di scrivere, non un libro che risaltasse l’eroismo della condizione umana nel bel mezzo di un conflitto bellico, ma un ‘epopea del corpo che mettesse in evidenza tutte le frustrazioni di un eroe contemporaneo. Dopo gli orrori indescrivibili della Grande Guerra, l’unica cosa da fare era allontanarsi dal mito dell’antico eroismo militare e dai suoi codici di conquista, maschilisti ed autoritari e spostare il territorio dell’avventura dal campo di battaglia agli spazi urbani della metropoli moderna, dove vivevano la propria odissea quotidiana gli uomini e le donne della nuova era. Non avendo Dublino mezzi di trasporto sotterranei, Joyce colloca la scena della visite di Ulisse presso Ade nel cimitero, ma possiamo facilmente immaginare come sarebbe stato più opportuno se l’azione si fosse svolta nel metro, vero centro nevralgico delle megalopoli moderne . Il fascino della metropolitana, vero buco nero del cosmo urbano, inteso come una dimensione retta da tempo e spazio diversi, di facile accesso e molto elastico ha attratto molti creativi del secolo XX. Nonostante l’omissione di Joyce, sia la letteratura sia il cinema ((Jarry, Queneau, Córtazar, Malle, Godard, Besson, Carrax…) hanno saputo percorrere in molte occasioni questa mondo Poche volte si riesce a percepire con tanta intensità questa doppia condizione di viaggio agli inferi e di accesso a una realtà fantasma, come in inverno, quando da uno scompartimento con in vetri appannati ci sembra di scorgere delle figure anche se la stazione in...
Si chiama Villa Romana, ma si trova a Firenze e precisamente in Via Senese 68 e i suoi fondatori sono tedeschi. È una delle residenze per artisti più antiche e fu fondata con l’obiettivo di creare un centro creativo indipendente dallo Stato e gestito direttamente da artisti, nel quale avrebbero potuto avere spazio ogni tipo di espressione artistica. Contemporaneamente fu costituito il Premio Villa Romana, che si proponeva di essere un tipo di premio alternativo ai riconoscimenti dati da parte di Accademie statali, notoriamente più conservatrici e meno aperte alle novità. Le origini di questo progetto risalgono al 1905, quando il pittore tedesco Max Klinger investì i fondi, che aveva raccolto tra il suo gruppo di amici facoltosi, nell´acquisto di una casa in stile neoclassico, situata alla periferia di Firenze, con l´obiettivo di realizzarvi un atelier. La casa aveva 40 stanze e 15.000 metri quadri di terreno. Uno dei principali sostenitori dell’iniziativa fu il mecenate berlinese Eduard Arnhold, che poco prima aveva acquistato la Villa Böcklin di Fiesole (nella provincia di Firenze) e che 5 anni più tardi avrebbe fondato l’Accademia di Artisti tedeschi presso la Villa Massimo di Roma. Tra gli altri sostenitori c’erano anche Adolph vom Rath (presidente del Consigli d’amministrazione della Deutsche Bank) ed Erich Schulz-Schomburgk (direttore della sede di Lipsia). A partire dagli anni 20, la stessa Deutsche Bank sostenne il progetto, s Anche se Villa Romana era, fin dall’inizio, un progetto indipendente e autogestito che si contrapponeva alle norme accademiche e la lentezza della burocrazie che ostacola lo sviluppo dell’arte, è evidente che il progetto di Villa Romana non si sarebbe potuto realizzare senza...