Dalla pubblicazione del libro di successo Ho voglia di te di Federico Moccia nel 2006, si è diffusa tra gli innamorati l’abitudine, prima a Roma e poi anche in altre città, (il mal gusto non conosce limiti) di attaccare, il giorno di San Valentino (14 febbraio) dei lucchetti con le loro iniziali sui lampioni dei ponti e poi gettare la chiave nel fiume.
Nemmeno il povero ponte Silvio, luogo dove ebbe origine il fenomeno, si è salvato dal ridicolo e nemmeno dopo il suo crollo. Il sindaco di Roma lo ha rimpiazzato con alcune colonne di acciaio affinché i lettori di Moccia potessero continuare senza problema con il suo particolare rito Sic transit gloria mundi.
Nonostante tutto Roma continua ad essere una città ideale per passare il giorno degli innamorati. Non per niente amoR è quello che decifra leggendo il suo nome in uno specchio. Quello che racconta una vecchia leggenda è che questo è il suo nome segreto, un nome segreto che secondo un’antica tradizione era proibito pronunciarlo pubblicamente, così come ci ricorda Servio nella descrizione di un episodio del 82 a.C., che portò alla morte per crocifissione del poeta e tribuno della plebe Valerio Sorano, che ebbe l’audacia di rivelarlo in pubblico
Solo chi conosce il nome completo della città potrà possederla. Quale sia veramente questo nome è ancora oggetto di polemica. Ispirandosi a solino, il professor Ballester suggerisce che il nome potrebbe essere Valentia, ovvero Valencia, punto sul quale Albert Hanover dimostra di essere in disaccordo. È curioso il fatto che San Valentino, patrone degli innamorati e che aveva fatto da mediatore per favorire un matrimonio, fu, secondo la leggenda, un martire romano del secolo III giustiziato il giorno 14 febbraio, giorno nel quale, secondo la tradizione nordica, si accoppiano i passeri.
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Paul Oilzum
Se affitti appartamenti a Roma durante questo periodo, ricorsa che amore è una parola di quattro lettere.