Adottare la prospettiva dello straniero è sempre stato un apprezzato ricorso letterario per mostrare l’assurdità di tutte quelle convenzioni che ogni giorno accettiamo senza protestare e senza stupirci più di tanto, rinunciando a qualsiasi riflessione a riguardo per il semplice fatto che vi siamo abituati.
I viaggi attraverso mondi immaginari ci offrono l’opportunità di assumere una prospettiva in grado di dotarci di uno sguardo nuovo, capace di svelarci nuove realtà possibili che possano portare ad assumere un atteggiamento critico nei confronti dell’irrazionalità e dell’ingiustizia che trapela da molti dei nostri fondamenti sociali più consolidati e caratteristici. È questo uno dei fondamenti di racconti dall’enorme valore come I viaggi di Gulliver o Il manoscritto di Brodie nonché della stessa antropologia, considerata contemporaneamente scienza e arte.
Così ci capita sempre più spesso di chiederci, in questi tempi conformisti che sembrano portare verso un nuovo puritanismo e caratterizzati da un’allarmante tendenza alla censura, cosa penserebbe un ipotetico alieno di una società che permette l’emissione mediatica quasi costante di comportamenti e messaggi di inciviltà, aggressione, brutalità, despotismo, subordinazione, sessismo e guerra, celebrati quasi fino all’esaltazione in diverse occasioni, ma che, per esempio, proibisce con indignazione le più elementari espressioni della vita sessuale, mercificata e spesso maschilista.
La stessa “logica” fa sì, per citare qualche esempio, che a Londra si ordini di coprire i genitali di un nudo di Lucas Cranach rappresentato nel manifesto della mostra del pittore tedesco rinascimentale, o che su Facebook si censuri la diffusione della campagna pubblicitaria di un disco di Scissor Sisters, in quanto la copertina riporta una bellissima foto in bianco e nero di Robert Mappelthorpe nella quale si può osservare il fondo schiena, coperto da una calzamaglia, del ballerino Peter Reed.
E recentemente Sukran Moral, una delle più interessanti e rinomate protagoniste del panorama artistico contemporaneo turco, si è vista costretta ad abbandonare il proprio Paese in seguito ad alcune minacce di morte ricevuto dopo aver inscenato la sua opera Amemus nel teatro della Casa dell’Arte di Istanbul. In questa rappresentazione veniva simulata una relazione lesbica con evidente intenzione critica nei confronti della manipolazione del sesso da parte delle autorità. L’opera, inoltre, è stata ritirata immediatamente. Di fatto Sukran Moral non è estranea a polemiche, tanto che lei stessa riconosce di aver sempre cercato la provocazione. Tuttavia l’artista ha dichiarato di avere, dopo vent’anni di attività, per la prima volta paura per sé stessa e per la propria opera incompiuta.
Moral tuttavia non è un’eccezione. Una reazione così estrema nei confronti della sua opera è forse esclusivamente il frutto dell’impotenza dei settori più refrattari ai cambiamenti, i quali non sono in grado di gestire l’avanzare di una generazione sempre più vibrante e attiva di artisti turchi e l’ampio consenso civile nei confronti di libertà in grado di conferire ancora più fascino alla metropoli sul Bosforo.
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Paul Oilzum
Affittare appartamenti a Istanbul vi darà la possibilità di vivere una realtà le cui pulsioni non si fermano di fronte a nessun ostacolo.