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ONLY BE NEWYORCHESE

Only-Be Newyorchese

Professional Bull Riders a New York

Probabilmente molte poche cose incarnano alla perfezione lo stereotipo per eccellenza sugli Stati Uniti come il rodeo, qualificato dagli appassionati come lo sport più duro al mondo. L’immagine del cowboy è diventata, con la complicità di televisione, pubblicità e cinema, l’archetipo dell’uomo indipendente, rude, misterioso e parco di parole, un essere di frontiera, che incarna lo spirito del pioniere capace di aprirsi un cammino in terre ostili e ignote in costante lotta contro la natura. Nel suo libro Lila, un’indagine sulla morale, l’autore statunitense Robert M. Pirsig rifletteva sul fatto che le caratteristiche con cui viene identificato il cowboy statunitense sembrano combaciare in un qualche modo con le caratteristiche degli indiani d’America, nativi di una terra sottratta in un modo particolarmente crudele, sanguinolento e violento per mano di coloni europei. Tratti come la generosità, la sicurezza in se stessi, un silenzio enigmatico, rotto da una precisa e misurata selezione di parole (mai si parla per riempire un vuoto o far passare il tempo), uno stato permanente di allerta, un senso del rituale onnipresente, un comportamento modesto, dignitoso e riservato e una certa predisposizione all’impulso violento, sarebbero solo alcune delle caratteristiche del modello dei valori culturali degli indiani d’America che possono vedersi riflessi nella figura del cowboy statunitense che il cuore della nazione identifica come il nucleo dei della cultura e dei valori statunitensi, vale a dire ciò che viene considerato incoscientemente il bene per la maggior parte del Paese. Rirsing sostiene che la lettura attenta di un’ipotetica lista delle caratteristiche che gli osservatori europei attribuiscono tradizionalmente agli statunitensi, basterebbe a individuare la correlazione tra le caratteristiche che si sono...

African Innovations a New York

Il museo di Brooklyn è uno dei più grandi degli Stati Uniti e il secondo, per dimensioni, di New York. Certamente sarebbe stato quattro volte  più grande se la normativa urbanistica non avesse obbligato nel 1895 a ridimensionare il progetto originale e ridurre le sue enormi dimensioni. L’edificio attuale fu inaugurato nel 1897, ma fino al decennio degli anni 70 il museo non ebbe una gestione  indipendente essendo una sottodivisione dell’Istituto di Brooklyn di Arti, Lettere e Scienze, che includeva anche l’Accademia di Musica, I giardini Botanici e il Museo dell’Infanzia del popolare distretto newyorchese. L’importanza e la varietà delle sue collezioni sono all’altezza del suo ingente numero di metri quadrati e il suo impressionante spettro d´offerta comprende  dalle opere dell’antico Egitto fino al Centro d’Arte Femminista Elizabeth A. Sackler, dove è esposta, tra altri pezzi, l’installazione di Judy Chicago La cena. In quest´impressionante gamma di opere è di particolare rilievo la collezione d’Arte Africana (di fatto il Museo di Brooklyn fu uno dei primi a presentare un’esposizione d’arte africana in territorio americano nel 1923) che comprende più di 5000 pezzi che ripercorrono più di 2500 anni di storia, fatto che la porta ad essere la più estesa tra tutte quelle presenti negli Stati Uniti. Nell’ultimo anno questa straordinaria collezione è stata sottoposta ad un meticoloso processo di riorganizzazione che è sfociato in un nuovo modo di presentare i pezzi basato su  criteri cronologici e di contestualizzazione che hanno sostituito il precedente sistema, di carattere eminentemente geografico. Questo nuovo modo di presentare le opere è andato a costituire l’esposizione permanente African Innovations (http://www.brooklynmuseum.org/exhibitions/african_innovations/)  che si può vedere al primo...

Sanja Iveković a New York

Un paio di anni fa, in un festival di performances che ebbe luogo a Parigi, l’artista croata Sanja Ivekovi?  protagonista della stupenda mostra antologica Sweet Violence che può essere vista presso il MOMA fino al prossimo 26 marzo (http://www.moma.org/visit/calendar/exhibitions/1148), presentò un’opera, Il gioco di Eva, in cui ricreava la celebre foto di Julian Wasser scattata nel 1962 in occasione della grande esposizione antologica di Marcel Duchamp presso il Museo D’Arte di Pasadena. L’immagine rappresentava l’influente ed enigmatico  artista francese, già ritiratosi da decenni dalla produzione artistica, intento a giocare a scacchi con la sua giovane amica e futura artista e scrittrice Eve Babitz, che di fronte all’ineccepibile aspetto abituale di Duchamp appariva completamente nuda. Sanja Ivekovi? decostruì la famosa immagine, una pratica abituale nella sua interessantissima produzione, ricreando la partita in modo che fosse lei stessa la donna, vestita di nero come Duchamp, mentre il suo avversario, il commissario del festival parigino, appariva completamente nudo. Mentre entrambi ricreavano la partita di Pasadena andavano recitando un dialogo formato dalle parole di un’intervista concessa dalla stessa Eve Babitz  e le cui risposte venivano proferite da Sanja Ivekovi?  che si metteva così  simultaneamnete, quasi quarantanni dopo lo scatto della foto originale, al posto di entrambi i protagonisti della scena. Questa performance testimonia il modo di lavorare  con testi  e immagini di Sanja Ivekovi?  così come l’orientamento femminista del suo lavoro, sempre incentrato sul problema del ruolo della donna nella società e nella Storia  con  una incisiva critica politico-sociale che abbraccia direttamente le tematiche più polemiche dei nostri tempi, attraverso strategie decostruttive estremamente sovversive ed attraenti. Performaces come Practice Make the Master, che...

Sanja Ivekovic al MOMA di New York

Molto prima che l´arte concettuale fosse il pane quotidiano degli artisti contemporanei, molti artisti plastici esplorarono nuovi percorsi e utilizzarono le forme più recenti di diffusione mediatica per interrogarsi tanto sui sistemi politici, quanto sulle ingiustizie sociali e di genere, utlizzando sia il “mainstream”, sia canali meno seguiti o pubblicizzati; dove il “Big Brother” cominciava la sua marcia per il riallineamento e la repressione, questi artisti trovarono dei credi che a posteriori avrebbero potuto portare gravi problemi al sistema artistico. I primi concettualismi degli anni 60, in particolare le categorie e le varianti di quel movimento che oggi è conosciuto come Fluxus, non avevano soltanto un grande impatto a livello sociale e politico se visti da una certa distanza, ma cercavano anche di scuotere le immobili istituzioni dell´arte, di provocare una rottura con il concetto di galleria e di museo. La stessa cosa accadeva in Russia durante la Guerra Fredda, dove molti artisti in tutte l´Europa dell´Est e in altre parti del mondo espresseo il proprio scontento per l´imponente presenza di un sistema politico che, essendo privo di libertà, si sforzava di far credere a molti che la rivoluzione era appena dietro l´angolo, e che era solo questione di tempo. Tra questi artisti, la nota Sanja Ivekovi? presenterà al MOMA i processi esposti finora, sia riguardanti il passato che il presente, tramite la sua opera artistica. “Sweet Violence” è il nome della mostra, la prima dell´artista, nata in Bosnia, nel territorio degli Stati Uniti. La mostra in sè è veramente uno sforzo simbolico e coinvolgente di mostrare una carriera artistica lunga oltre quarant´anni. La Ivekovi? non ha soltanto realizzato...

Matisyahu a New York

No, non è un rabbino che ha fumato troppa marijuana ed ha perso il controllo, è Matisyahu. Effettivamente il look da giudeo ortodsso non è casuale ma è dovuto al fatto che questo ibrido del suono giamaicano più profondo sa trarre vantaggio dalle sue tradizioni familiari. Nato in Pennsylvania, Matisyahu fin da giovanissimo abbracciò il giudaismo ortodosso, ma saranno le sue esperienze con droghe psichedeliche, essendo un “Phish-head” (ovvero un seguace e fan della jam band Phish) che gli permetteranno di addentrarsi ancor di più nella carriera musicale, unitamente alle sue esplorazioni per il Village di New York. Attualemente vive a Crown Heights, Brooklyn, saltando da una setta giudaica all’altra in un’ esplorazione che potrebbe essere intesa come misticismo o come parte del percorso di un artista eccentrico e in constante cambiamento. Da un lato il reggae continua ad essere una musica per rifugiati, marginali  che non necessariamente sono daccordo con le condizioni della società postmoderna.   L’inno reggae non è solo una musica vibrante e sonnolenta che  incita al ballo, all’uso “pratico” della cannabis e a una vita di vegetarianesimo e di convivenza con la natura. Il reggae diffonde un messaggio di pace, unione e ballo che unisce le comunità. La vera domanda è: il mondo ha bisogno di più reggae? Può Matisyahu, un giudeo ortodosso di Brooklyn, scommettere sulla bandiera del reggae senza titubanze? La risposta è si. Il carattere post modermo di Matisyahu gli offre  tutte le virtù per costruire un personaggio solido nella musica pop attuale. Il carattere ibrido della proposta di Matisyahu lo converte senz’ombra di dubbio in un esponenente ricco ed arricchente della...

Citi Pond New York

La pista di pattinaggio del Citi Pond è una delle più grandi dell città statunitense e in più è completamnete gratuita se vai con

Da Leonardo a Levine: Caricatura e satira

Un’esposizione di disegni e bozzetti satirici e caricature realizzate dagli artisti più famosi dal Rinascimento ai giorni nostri. Una mostra che può essere visitata fin da ora nel Museo Metropolitano delle Arti di New York. Le opere esposte fanno parte dei lavori dei pittori e disegnatori più celebri delle loro rispettive epoche, ed in realtà di tutte le epoche, visto che stiamo parlando dei grandissimi, tra cui Leonardo Da Vinci, Goya, Delacroix, Enrique Chagoya e Toulouse-Lautrec, tra i vari che dedicarono tutto o parte del proprio lavoro all’umorismo e alla satira su personaggi politici, religiosi e di altri campi del sapere. Il lavoro di questi riconosciuti artisti inizia forse con Leonardo Da Vinci, ma da molto prima, per non dire da sempre, è esistita la caricatura, intesa come esagerazione di determinate caratteristiche fisiche, di apparenza o gestualità, che esprime in modo caricato un significato personale (per l’artista) politico o sociale associato al personaggio o alla persona disegnata. Ed è così che il Museo Metropolitano ha raccolto un gran numero di queste opere, molte delle quali non sono mai state esposte prima in nessun museo, realizzando questa mostra che è stata inaugurata 13 Settembre scorso e che finirà il 4 Marzo 2012. Oltre agli artisti consacrati già citati, formerà parte dell’esposizione anche un gruppo di famosi artisti della caricatura come Thomas Rowlandson, James Gillray, Honoré Daumier, Al Hirschfeld e David Levine, quest’ultimo autore contemporaneo celebre per i suoi lavori umoristici come illustratore del “New York Review of Books”, che viene già considerato da molti come il miglior caricaturista della seconda metà del XX secolo. La mostra, intitolata “Infinite Jest: Caricature...

Garren New York

Garren New York è uno dei saloni di bellezza della città statunitense gestito da più di 20 anni da un lider del settore.

NYC Shuttle

NYC Shuttle è una compagnia che si incaricherà di portarti da qualsiasi aeroporto di New York ovunque tu vorrai.