Il Palazzo Topkapi si trova tra il Mar di Marmara e il Corno d’oro ed offre una splendida vista sul Bosforo, lo stretto che separa i due continenti Asia ed Europa. Venne dichiarato patrimonio dell’UNESCO del 1985. Lo splendido palazzo è costituito da 4 cortili principali e piccoli edifici adiacenti. Nella sua epoca di massimo splendore ospitava circa 4000 persone e occupava gran parte della riva. Il complesso venne ampliato con il passare del tempo e le ricostruzioni più importanti ebbero luogo all’inizio del XVI secolo dopo il terremoto che scosse la città e nel XVII dopo un incendio. Il palazzo contiene varie moschee, un ospedale, diverse panetterie e una zecca. Il palazzo è gestito dal Ministero della Cultura e del Turismo turco e vigilato da ufficiali dell’esercito turco. Dispone di centinaia di stanze e camere in cui possiamo trovare portastendardi dell’architettura ottomana e ampie collezioni di porcellane, vestiti, armi, scudi, armature, manoscritti islamici, miniature, gioielli e tesori ottomani. La struttura del palazzo è abbastanza complessa, con piccoli edifici costruiti tutt’attorno ai cortili connessi tra loro da gallerie e passaggi. In generale gli edifici hanno un unico piano. Tra tutti gli elementi architettonici troviamo splendidi giardini, fontane ed alberi sacri. In questo modo si voleva trasmettere un’atmosfera rilassata agli abitanti del Palazzo ben areato per le estati afose di Istanbul. Il palazzo è fondamentalmente un vasto rettangolo diviso in 4 cortili e un harem. Il primo cortile era il più accessibile, mentre il quarto era il più nascosto, vicino all’harem, luogo esclusivo del sultano. L’estensione del palazzo è di un totale di 70.000 m2. All’entrata troviamo la porta imperiale...
Andare ad Istanbul è essenziale in questi giorni, soprattutto per comprendere i grandi cambiamenti che ci sono stati, e che continuano ad esserci, nei flussi e nei punti d´incontro tra occidente ed oriente. La città in sè è immensa, e senza dubbio andare da un lato all´altro della città richiede diverso tempo, passando per le sue strade più antiche, esplorando i suoi mercati, cafè, bar e moschee, verificando di persona quanto l´oriente sia molto più vicino a noi di quanto si immagina. Grazie ad una realtà altamente cosmopolita, gente da tutto il mondo si riunisce ad Istanbul per conoscere da vicino la sua antica cultura, la bellezza delle sue costruzioni e i suoi quartieri antichi pieni di bancarelle, commercio e antichità. Con più di 500 anni di storia, il Gran Bazar è il più grande della città, e sicuramente il più antico. Si trova nella parte antica di Istanbul ed è composto da migliaia di bancarelle a tua disposizione. In questo favoloso bazar potrete trovare tappeti, gioielli, oreficeria di un livello impressionante, così come articoli di pasticceria, spezie, e una quantità infinita di prodotti per tutte le necessità. I prezzi sono relativi ai tuoi desideri, e spaziano grandemente. I commercianti tengono sempre gli occhi aperti per accattivare i turisti, e quando comprerete qualsiasi cosa dovrete contrattare sul prezzo, perchè questo è un costume diffuso in tutta la Turchia, e se alla fine delle trattative non sarete soddisfatti del prezzo raggiunto, non sarete obbligati a comprare. Questo incredibile bazar è il padre di quello che conosciamo come “centro commerciale”. Nel bazar, tuttavia, potremo trovare il calore umano tipico di un...
Fino al 22 Gennaio l’Istambul Modern realizza una mostra peculiare, Dreams and reality. Modern and Contemporany Women Artist from Turkey, che riunisce le opere di donne turche realizzare durante un secolo. L’esposizione, curata da Fatmagül Berktay, Çal?ko?lu Levent, ?nankur Zeynep e Pelvano?lu Burcu, mostra il lavoro di 74 artiste di varie discipline, dalla pittura al video. Il museo ha deciso di circondare l’esibizione con un velo di mistero, romanticismo e un certo gusto romanzesco, e per questo ha scelto di intitolarla come il libro Dreams and Reality, riunendo queste artiste di primo livello della scena turca. Il romanzo “Dreams and Reality” è stato scritto da Ahmet Mithat, che lo ha realizzato in coautoria Fatma Aliye. Questa mostra è una radiografia delle trasformazioni sociali vissute dalla Turchia. Attraverso le opere esposte si potrà osservare la nuova prospettiva della Turchia moderna ed il ruolo che vi occupano le donne. Se si calcola che per ottenere il riconoscimento di un museo un’artista deve essere stata visibilizzata, si capisce che il messaggio della mostra risiede proprio in questo, nel fatto che le donne siano riuscite a rendersi visibili in tal modo che il museo ha scelto le loro opere e ha creato una mostra dedicata esclusivamente alle donne turche. Questo solo fatto è già una dimostrazione dei progressi politico-sociali. Come complemento alla mostra, il Museo organizza anche una serie di simposi, incontri, forum e dibattiti per discutere sulle donne nell’arte e sul processo politico che accompagna questa partecipazione, sulle teorie femministe e sui loro sviluppi dalla nascita negli anni ’60, sul genere e sul ruolo della donna in Turchia, oltre ad altri temi relativi all’esposizione. In...
Poichè la memoria, della quale non siamo mai padroni, e che è lungi dall´essere una facoltà statica, si muove nei domini dell´immaginazione, le cose che vediamo non possono che essere lontane da come le ricordiamo o ce le rappresentiamo, fatto,questo, dovuto alla nostra percezione del mondo, e alle molte impressioni esterne che ricevono i nostri sensi. Nella stessa introduzione de Il giro del giorno in ottanta mondi, dove Julio Cortazar commenta la delusione che provarono non pochi critici d´arte davanti agli scenari del balletto di Stravinski Petrushka, quando anni più tardi venne nuovamente messo in scena dal balletto russo di Diaghilev. A nulla valsero le proteste di Bakst (il quale fece ridipingere poi gli scenari per salvare il salvabile) che affermava che erano esattamente gli stessi, perfettamente conservati, e non avevano perso alcuna delle loro abbaglianti qualità cromatiche. A questo aneddoto, lo scrittore argentino ne collega un altro, relativo ad un suo viaggio in terra greca. Un mese prima di partire, un suo caro amico gli aveva raccontato come era il tragitto da Atene a Cabo Sunion, luogo dove Cortazar voleva presumibilmente giungere, non tanto per vedere il tempio di Poseidone che si trova lì, ma piuttosto per trovare la firma che vi lasciò Lord Byron anni addietro. Quando Cortazar intraprese lo stesso itinerario, uscendo dalla capitale greca, le cose sembravano essere sensibilmente differenti da come il suo amico gli aveva dato ad intendere. Questo parlò di una piazza polverosa alla quale gli conveniva giungere molto presto per non ritrovarsi senza posto sull´autocarro, un veicolo sgangherato che doveva attendere al centro della strada, vicino ad una zona occupata da...
In un articolo su Roma commentavamo quella bella scena di Spartacus di Kubrick in cui il capo dei gladiatori, dopo aver ascoltato una commovente canzone dagli echi gnostici sul ritorno a casa (¨Quando il sole risplendente si ritirava dal cielo/ Quando il vento esalava il suo ultimo sospiro sulla montagna/ Quando non si sentivano più le bestie al pascolo/ Quando la spuma del mare dormiva come una fanciulla/ E il crepuscolo rosa accarezzava il mondo/ Tornavo a casa), viene vinto dal desiderio e dalla tristezza di saper solo combattere, di non essere capace di cantare belle canzoni e fare che la gente creda in esse, di non saper né leggere né scrivere, di non conscere niente, di sentirsi ignorante. Di non sapere, ad esempio, perché le stelle nel cielo e gli uccelli non cadono, perché il sole abbandona la scena al calar della notte, perché la luna cambia forma, da dove arriva il vento. Il suo grande amore Varinia, dopo avergli rivolto uno sguardo indimenticabile, risponde a quest’ultima domanda parlandogli di una lontana grotta nel nord dove dorme un giovane dio il cui alito anima e agita i venti notturni ogni volta che sospira sognando una fanciulla. Forse non c’è mai stato niente da sapere, forse qualsiasi esperienza è semplicemente incomunicabile, forse ogni sapere è basato esclusivamente sull’affabulazione. Ma la nostra necessità di sapere è così grande che non possiamo vincere il desiderio di legittimare le storie che inventiamo per tranquillizzarci l’animo. La verità, in effetti, viene sopravvalutata, ma niente sembra curarci come quella sorta di dipendenza da questo strano succedaneo, non importa quanto ampiamente siano documentati i suoi...
Orhan Pamuk, basandosi sulla sua esperienza di vita, esprime nelle sue opere la profonda convinzione che il sentimento più efficace per definire Istanbul negli ultimi 150 anni, e in particolare a partire dalla scomparsa dell’Impero Ottomano, è quello dell’amarezza venata di malinconia, o anche di una malinconia essenzialmente amare. Questa affermazione, che però non esclude in alcun modo l’amore incondizionato espresso da Pamuk stesso nei confronti della sua città, vera protagonista di alcuni dei suoi libri più importanti, non è stata digerita da molti dei suoi concittadini. Lo scrittore turco ha confessato di sentire una specie di innegabile felicità ogni volta che legge o ascolta da altri che la malinconia è l’attributo più identificativo dell’antica Bisanzio, come accade per esempio nei libri degli scrittori francesi che la visitarono nel secolo XIX. Tra i più noti Gérard de Nerval, del quale si può dire che portava con sé un “nero sole di malinconia”, e il suo amico Théophile Gautier, autore di uno splendido articolo intitolato Constantinopla. Entrambi gli scrittori avvalorano in qualche modo gli scritti di Pamuk, nei quali ama descrivere quella sensazione che gli ha sempre comunicato la città nella quale ha deciso di trascorrere tutta la sua vita. Stranamente Nerval non si sbilanciò particolarmente quando parlò di Istanbul nel suo Viaggio in Oriente. È solo che la malinconia lo logorava fuori e dentro e per quanto cercava di allontanarla gli risultava impossibile sottrarvisi. Quando arrivò a Istanbul, all’età di 35 anni, da poco il suo cuore si era trasformato in un mosaico colorato rotto in mille frammenti di tessere affilate e taglienti. L’attrice Jenny Colon, il grande amore...
Nel prologo al suo strano libro di poemi La più viva sorpresa, la fermezza del mio carattere, che offre differenti possibilità di lettura dove in nessuna delle quali si ha la sensazione che i poemi finiscono, e che può essere compreso nella sua integrità come una sorta di glossa al libro di Georges Perec Specie di spazi, lo scrittore di Samoa Albert Hanover ci rende partecipi della sensazione di trepidazione e sconcerto che l´avevano provocato da bambino, in armonia col suo interesse per i confini delle cose, i limiti delle città. Si rese subito conto che c´era sempre un posto, in realtà più di uno, dove le città finivano. Naturalmente era cosciente che per la stessa ragione si potrebbe dire che erano punti dove le città incominciavano ma ciò che è certo è che ebbe sempre la sensazione che le cose non erano esattamente così, che i posti dove le città finivano, raramente coincidevano con quelli dove incominciavano. Magari, questa ossessione gli era stata talmente impressa nella memoria che sapeva, tuttavia, che era un spazio abitato dall´immaginazione e pertanto in continuo movimento creativo di immagini, cose come la passeggiata notturna di Leonard Bast in Howards End il quale, cercando di seguire le stelle come si descrivono in un libro, prima che potesse rendersi conto, era uscito da Londra e si perse in un bosco, o l´attestazione dell´attore, direttore teatrale, scrittore e cineasta spagnolo Fernado Fernán-Gómez relativo alla sua maniera particolare di celebrare il fine della guerra (comprare una bottiglia di cognac economico, camminare ed essere esultante fino ad uscire dalla città ed arrivare in qualche paese vicino). Soprattutto lo...
Tra il 17 settembre e il 13 novembre Istanbul è in festa con la dodicesima Biennale di Istanbul 2011, in cui si danno appuntamento i migliori artisti contemporanei, curatori, teorici dell’arte ed il pubblico nazionale e internazionale per vedere e aggiornarsi sull’arte contemporanea e la creatività. La Biennale è organizzata dalla Fondazione di Istanbul per la Cultura e le Arti, IKSV, che dal 1987 realizza con successo questo incontro, considerato come uno dei momenti più importanti dell’arte internazonale. La Biennale ha permesso di formare una rete culturale internazionale che comprenda tutte le sfere del mondo dell’arte, e che dia impulso al turismo culturale. La Biennale di Istanbul è al livello degli incontri d’arte più prestigiosi del mondo, come la Biennale di Venezia, Sydney o San Paolo. I suoi creatori hanno avuto la brillante idea di disegnare un modello d’esposizione aperta al dialogo tra artisti e pubblico, sotto lo slogan: arte contemporanea in spazi tradizionali cambiando la relazione tra artista e museo, istituzione considerata come spazio elitario. La situazione geografica di Istanbul, ponte tra Europa e Asia e tra due cosmovisioni, Oriente e Occidente, è stata fondamentale per il progetto, caratterizzato dall’apertura al dialogo e dalla convergenza transculturale. I curatori di questa Biennale, Jens Hoffmann e Adriano Pedrosa, hanno concettualizzato la Biennale come uno spazio dove si esplorasse la relazione tra arte e politica. In questa edizione i lavori esposti presentano un alto livello di politicizzazione, e sono stati scelti tra i più innotativi dell’arte emergente, articolati intorno a cinque esibizioni di gruppo e 45 individuali. Il nome di Biennale Untitled (12ma Istanbul Bienal) è stato tratto dall’opera dell’artista cubano...
Il 15 settembre il Museo Istanbul Moderna inaugura la mostra Uncanny, che riunisce il lavoro fotografico di sei giovani artiste turche, per trasportare lo spettatore verso quelle immagini che in qualche modo risiede nella memoria collettiva, e che quando la si vede o per la prima volta ha un sapore familiare. Il concetto Uncanny è stato usato nell’l’esposizione per il significato con cui viene usato nella filosofia e nell’arte riferendosi all’emozione che si prova quando si è testimoni o si sperimenta una nuova sensazione. Quello che in francese si chiama déjà vu o già visto. Questa strana situazione, che il francese Émile Boirac ha esaminato nel suo libro Il Futuro della Scienza Fisica, che provoca sorpresa e straniamento, esattamente ciò che gli artisti di questa mostra hanno vissuto. La fotografia è sempre stata un incontro sorprendente, in cui lo sguardo, l’osservazione e la sensibilità sono sempre in tensione quando l’immagine diventa realtà. Assistere al processo dell’immagine che appare attraverso i liquidi della camera oscura, quel procedimento unico che solo il fotografo può vivere come un Uncanny, guardando per la prima volta qualcosa che aveva già visto, è ciò che questa esposizione cerca di trasmettere attraverso le straordinarie opere delle fotografe Melisa Önel, Silva Bingaz, Ç?nar Eslek, Zeren Göktan, Banu Cenneto?lu e Zeynep Kayan. Sebbene appartengano tutte alla nuova generazione di artiste turche, tutte hanno già una carriera internazionale rilevante alle spalle, avendo partecipato a importanti esposizioni internazionali e biennali o lavorando fuori dalla Turchia, come Silva Bingaz, una fotografa che colpisce con i suoi collage e che ha sviluppato progetti importanti in Giappone. Banu Cenneto?lu è una fotografa che appartiene alla generazione...
L’autore spagnolo Antonio Gala è un grande scrittore riconosciuto a livello mondiale, che maneggia alla perfezione vari generi letterari come il romanzo, il teatro o la lirica. Ma quella che viene considerata come una delle sue opere più famose ed amate dal pubblico è il suo romanzo “La passione turca”, che viene classificato come narrativa erotica. La trama principale del libro racconta una storia d’amore e di grande passione tra una giovane donna spagnola, Desideria Oliván, e un focoso uomo turco, Yaman. I due si conoscono mentre lei sta viaggiando con suo marito nell’affascinante ed esotica Turchia. Desideria è annoiata dal suo matrimonio, e conduce una vita che non ama, per questo non esita a lasciarsi sedurre da un uomo che la cattura dal primo momento. Lui era la guida turistica al gruppo di cui le faceva parte, includendo il marito di lei, però lei non se ne preoccupò, e decise di esplorare la propri capacità di amare attraverso le mani del turco. Nel romanzo viene raccontato con grandi dettagli ogni incontro sessuale della coppia, e il modo in cui la passione si impossessa di loro, ma soprattutto di Desideria Oliván, che in essa cercava un rifugio per proteggersi dalla miserabile vita che conduceva con suo marito a Huesca. La parte più interssante della storia è che viene raccontata come se venisse letta dal diario privato della prtagonista , e questo aumenta la morbosità del lettore, che non riesce a smettere di leggere. Nel 1994 Vicente Aranda ha portato al cinema questa soria di amore e sesso, sebbene I fanatici dell’opera giurino che il film non riflette degnamente...